La stagione 2015/2016, quella del 75esimo anniversario di fondazione, parte in estate con grande entusiasmo. Alla corte di Fischer e Andersson approda Tony Martensson, centro svedese two-ways con una gigantesca esperienza internazionale. Con lui Philippe Furrer, uno dei difensori più solidi dell’hockey svizzero e Gregory Hofmann, uno dei talenti più fulgidi tra i campioni svizzeri del Davos.

I risultati tuttavia scarseggiano, lo staff tecnico punisce e critica aspramente i giocatori nei massmedia e, a fine ottobre con il Lugano ultimo in classifica, l’esonero dello staff tecnico più volte rimandato diventa realtà. Dopo l’interludio di Christian Wohlwend, il nuovo uomo forte sulla panchina diventa il carismatico canadese Doug Shedden, assistito dal fido italo-canadese Pat Curcio. Forse, per un gruppo divenuto tanto vulnerabile, la presenza di un head coach con i capelli grigi era quello che serviva. Infatti in un tempo relativamente breve Hirschi e compagni reagiscono con vigore, risalgono la classifica e soprattutto ritrovano un’identità.

Il vissuto positivo della Coppa Spengler con la finale persa di misura contro il Team Canada rafforza il gruppo che si presenta ai playoff molto carico e completato nell’organico da Maxim Lapierre, attaccante canadese che interpreta il ruolo del provocatore. Il suo trash-talking destabilzzante diventa uno tra gli elementi vincenti di una splendida cavalcata fino alla finale dopo aver superato Zugo e Ginevra. Giocatori e società si scrollano un vero macigno di dosso. Ciascuno svolge alla perfezione il suo ruolo. A partire da Elvis Merzlikins, imperiale tra i pali, per proseguire con una difesa quasi impenetrabile e con le diverse soluzioni offensive (Klasen, Martensson e Brunner su tutti) in grado di segnare reti pesanti. Quella che entra negli annali è il rigore trasformato all’overtime da Furrer contro gli uomini di Mc Sorley che proietta i bianconeri nella finalissima.

A giocarsi il titolo il Lugano ritrova un rivale storico: il Berna. Passati anche loro dall’avvicendamento in panchina da Boucher a Lars Leuenberger, gli Orsi hanno agguantato i playoff per i capelli ma hanno fatto fuori con prepotenza Zurigo e Davos. La serie è tirata ogni sera ma alla fine ad imporsi sono Martin Plüss e compagni, più freschi e lucidi e, per la verità, anche aiutati da alcune decisioni arbitrali che gridano allo scandalo. Il sogno vola via in un cielo di applausi. La delusione è grande. Ma l’abbraccio di un pubblico sportivissimo è un’immagine da consegnare agli archivi.

Le aspettative per il campionato 2016/2017 sono alte, confermate dal nuovo record di abbonamenti stagionali alla Resega (4’748). Tra gli arrivi, oltre agli svedesi Sondell e Zackrisson, spicca il nome di Dario Bürgler, scorer di razza in cerca di rilancio mentre Pettersson ha lasciato Lugano per la Russia.

Complici anche gli impegni in agosto e settembre della poco remunerativa Champions Hockey League, Chiesa (nuovo capitano) e compagni vivono un autunno difficile, contrassegnato da tanti infortuni tra i difensori e tante sconfitte, soprattutto lontano dalla Resega. Il buon cammino alla Coppa Spengler, culminato in una ulteriore finale persa contro il Team Canada, non basta questa volta per ricompattare il gruppo e, a metà gennaio, la società esonera Shedden e Curcio, richiamando in Ticino Greg Ireland, l’uomo della salvezza nei playout del 2011. Al suo fianco il finlandese Jussi Silander, già integrato nell’organico del Club come assistente dei Ticino Rockets. Il nuovo staff tecnico stimola in breve tempo ogni elemento della rosa, ripartisce compiti e responsabilità. Il Lugano si presenta così ai playoff sì dalla settima posizione ma con uno spirito rinnovato. E proprio l’attitudine e la voglia di sacrificio sono le armi vincenti per eliminare in sei partite nei quarti di finale i favoriti ZSC Lions, compagine ricca di talento. La serie è entusiasmante. Condita pure da colpi di scena fuori dal ghiaccio come la ricusa del sostituto giudice unico della National League.

Sullo slancio i bianconeri espugnano Berna in gara 1 di semifinale. Ma la forza dei campioni svizzeri, che si riconfermeranno tali, è impressionante e gli uomini di Jalonen fanno loro le successive quattro sfide, l’ultima alla Postfinance Arena chiusasi ai rigori. Per l’HCL una stagione in chiaroscuro e molto intensa. Dalla frustrazione dei mesi autunnali si è passati alle gioie e all’entusiasmo straripante di marzo.

Sotto la leadership di Greg Ireland, che si conferma coach capace di motivare e coinvolgere nel suo progetto di squadra ogni giocatore, il Lugano disputa la regular season 2017/2018, chiusa al quarto posto, sempre tra i primi in classifica. Una stagione regolare serena e in buona sintonia con la tifoseria, contrassegnata anche dall’esplosione offensiva di Gregory Hofmann e di Luca Fazzini, quest’ultimo Top Scorer della RS. Il nuovo centro finlandese Jani Lajunen risponde alle aspettative e il suo gioco fisico ed essenziale contribuisce non poco a dare consistenza alla squadra, al pari di Maxim Lapierre, vero trascinatore del gruppo. Nella penultima gara della regular season succede qualcosa di incredibile. Capitan Chiesa, Dario Bürgler e Damien Brunner sono vittime a Davos di tre gravi infortuni che li escludono dai giochi che contano. Una contingenza che rafforza però ulteriormente lo spirito di sacrificio. I bianconeri superano dapprima l’ambizioso Friborgo per 4-1 nei quarti di finale. In semifinale il Lugano fa fuori anche il Bienne, dopo aver rimontato un parziale di 0-2 nella serie e un parziale di 0-3 in gara 3, quando la rete in shorthand dell’eroico Reuille suona la carica. La finale contro gli ZSC Lions è entusiasmante. Le parate dello stratosferico Merzlikins, il cuore e la passione messi in pista da un gruppo di uomini che si piega ma non si spezza mai esaltano il popolo bianconero e la Resega torna ad essere una vera bolgia con cinque “sold out” consecutivi. Si arriva a gara 7 decisa dall’unico gol di Geering. L’amarezza è grande ma, dopo qualche giorno, prevale l’orgoglio per una squadra che nei playoff ha schierato la bellezza di dieci elementi con un’età inferiore ai 25 anni, tutti formati nella Sezione Giovanile del Club!

La stagione 2018/2019 apre con il botto. Grazie al nuovo Arena Partner, il Gruppo Cornèr Banca, la Resega cambia nome e diventa Cornèr Arena. Il mercato non porta invece stravolgimenti. Ireland perde Furrer e Sanguinetti rimpiazzati in retrovia da Loeffel e Chorney. La regular season si snoda tuttavia tra mille difficoltà. La squadra non trova costanza di rendimento, in trasferta fatica maledettamente, trascorre gran parte dell’autunno e dell’inverno sotto la linea nonostante qualche brillante prestazione in Champions Hockey League contro avversari di spessore finlandesi e svedesi. Sebbene criticata, la società va contro corrente, tiene duro e conferma la fiducia allo staff tecnico sino a fine stagione. Aggrappati alla vena realizzativa di Hofmann e in un contesto di grande equilibrio in classifica, Chiesa e compagni agguantano la qualificazione ai playoff nel rush finale. Contro lo Zugo nei quarti ci si attende una scossa emotiva. Che però non è sufficiente. Il Lugano è fuori in quattro partite. Cala prematuramente il sipario e gli unici applausi convinti sono per Elvis Merzlikins, in orbita verso i Columbus Blue Jackets e il palcoscenico della NHL e per gli ultimi momenti sul ghiaccio del guerriero Sébastien Reuille.